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Vendita selvaggina selvatica

Informazioni generali

Le carni di selvaggina rivestono un ruolo importante, commerciale e gastronomico, nel settore alimentare rappresentando un legame con le tradizioni alimentari regionali e nazionali.

Come tutti gli alimenti, nel loro utilizzo sono presenti pericoli per la salute dei consumatori e quindi sono soggette al rispetto di requisiti cogenti definiti nell’ambito di norme comunitarie.

Le carni di selvaggina selvatica provengono sia dall’attività venatoria sia dall’abbattimento di capi nell’ambito di attività di controllo della fauna selvatica.

Cacciatore: produttore primario

Sono definiti "prodotti primari" i prodotti della produzione primaria compresi i prodotti della terra, dell’allevamento, della caccia e della pesca.

Ai sensi del Regolamento CE 29 aprile 2004 n. 852 , il cacciatore è considerato "produttore primario" e quindi anche operatore del settore alimentare. Come previsto dalla normativa comunitaria è responsabile della sicurezza alimentare del prodotto (prede) se questo è immesso sul mercato per il consumo umano. L’operatore deve garantire che tutte le fasi della "produzione" soddisfino i requisiti di igiene previsti.

Selvaggina selvatica

È definita "selvaggina selvatica":

  • ungulati e lagomorfi (conigli e lepri) selvatici, nonché altri mammiferi terrestri oggetto di attività venatorie ai fini del consumo umano considerati selvaggina selvatica ai sensi della legislazione vigente negli Stati membri interessati, compresi i mammiferi che vivono in territori chiusi in condizioni simili a quelle della selvaggina allo stato libero;
  • selvaggina di penna oggetto di attività venatoria ai fini del consumo umano.

    Inoltre si definisce:

    • "selvaggina selvatica piccola": la selvaggina di penna e i lagomorfi che vivono in libertà;
    • "selvaggina selvatica grossa": i mammiferi terrestri selvatici che vivono in libertà che non appartengono alla categoria della selvaggina selvatica piccola e diversi dai lagomorfi.

      Ambito di impiego

      Le carni della selvaggina cacciata possono essere impiegate per:

      • autoconsumo da parte del cacciatore;
      • cessione diretta al consumatore finale;
      • cessione ai laboratori annessi agli esercizi al dettaglio oppure per la somministrazione locale;
      • commercializzazione.

        La commercializzazione può avvenire solo previo passaggio delle carni da un centro di lavorazione della selvaggina, un macello o un laboratorio di sezionamento riconosciuti ai sensi del Regolamento CE 29 aprile 2004 n. 853 , per essere sottoposte all’ispezione sanitaria prevista dal Regolamento CE 29 aprile 2004 n. 854 .

        L’esame preliminare / persona formata / formazione

        Come definito nel Regolamento CE 29 aprile 2004 n. 853 , allegato III, sezione IV, capitolo I, punti da 1 a 5:

        Le persone che cacciano selvaggina selvatica al fine di commercializzarla per il consumo umano devono disporre di sufficienti nozioni in materia di patologie della selvaggina e di produzione e trattamento della selvaggina e delle carni di selvaggina dopo la caccia per poter eseguire un esame preliminare della selvaggina stessa sul posto … .

        È sufficiente che almeno una persona tra i componenti di un gruppo di cacciatori disponga delle nozioni richieste.

        La formazione deve essere dispensata in modo tale da garantire all’autorità competente che i cacciatori dispongano delle necessarie nozioni … .

        Le persone formate, responsabili dell’esame preliminare della selvaggina selvatica cacciata, dovrebbero quindi avere sufficienti nozioni relativamente a:

      • normale quadro anatomico, fisiologico e comportamentale della selvaggina selvatica;
      • comportamenti anomali e modificazioni patologiche riscontrabili nella selvaggina selvatica a seguito di malattie, contaminazioni ambientali o altri fattori che possono incidere sulla salute umana dopo il consumo;
      • norme igienico-sanitarie e tecniche adeguate per la manipolazione, il trasporto, l’eviscerazione, ecc. di capi di selvaggina selvatica dopo l’abbattimento;
      • disposizioni legislative relative alla sicurezza alimentare necessarie per la commercializzazione della selvaggina selvatica.

        Centro di lavorazione della selvaggina

        Al fine di assicurare un’adeguata ispezione della selvaggina selvatica oggetto di attività venatorie immessa nel mercato della Comunità, le carcasse di animali e relativi visceri devono essere presentati presso un centro di lavorazione della selvaggina per un’ispezione post mortem ufficiale.

        Le carni di selvaggina selvatica grossa possono essere immesse sul mercato soltanto se la carcassa è trasportata a un centro di lavorazione della selvaggina al più presto possibile, accompagnata da una dichiarazione della persona formata. Se l’ispezione sarà superata con esito favorevole, le carni saranno sottoposte a bollatura sanitaria.

        Macelli e laboratori di sezionamento

        La selvaggina selvatica può confluire anche a macelli e laboratori di sezionamento di carni fresche a condizione che vi sia una separazione, nel tempo e nello spazio, delle lavorazioni, al fine di evitare reciproche contaminazioni. Per questi stabilimenti vale quanto riportato per i centri di lavorazione della selvaggina.

        Rintracciabilità

        L’obbligo di rintracciabilità si applica a tutte le fasi della filiera e di conseguenza a tutti gli operatori che vi operano. Il cacciatore deve quindi comunicare, ai fini della rintracciabilità, la zona di provenienza dei capi abbattuti e l’esercente ha l’obbligo di dimostrare la provenienza delle carni. La dichiarazione della persona formata può riguardare più carcasse, a condizione che ciascuna di esse sia adeguatamente identificata e che in essa figurino il numero di identificazione di ciascuna carcassa cui si riferisce, specificandone la data, l’ora e il luogo dell’abbattimento.

        Fornitura di piccoli quantitativi di selvaggina selvatica

        L’ Art. 1 Regolamento CE 29 aprile 2004 n. 853 punto 3, lett. e), esclude dal campo di applicazione:

        I cacciatori che forniscono piccoli quantitativi di selvaggina selvatica o di carne di selvaggina selvatica direttamente al consumatore finale o ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale che riforniscono il consumatore finale … .

        È quindi possibile destinare direttamente i prodotti alla vendita presso un esercizio commerciale, compresi gli esercizi di somministrazione, anche se questo non rielabora i prodotti stessi. In particolare per fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari si deve intendere la
        cessione diretta, su richiesta del consumatore finale o dell’esercente di un esercizio di commercio al dettaglio, di prodotti primari.

        La fornitura diretta deve avvenire a livello locale cioè nell’ambito del territorio della provincia in cui insiste la zona di caccia o nel territorio delle province contermini.

        Per piccola quantità di selvaggina abbattuta a caccia si intende:

        • un capo/cacciatore/anno di selvaggina di grossa taglia (cinghiale, capriolo, cervo, daino, muflone e altri ungulati selvatici);
        • quantità massime prelevabili in base al calendario venatorio regionale e, comunque, non più di 50 capi/anno per la piccola selvaggina selvatica.

          Il cacciatore deve comunicare in forma scritta all’esercente l’attività di commercio al dettaglio o di somministrazione la zona di provenienza degli animali cacciati, al fine di garantirne la rintracciabilità ( D.G.R. 12 dicembre 2011 n. 13-3093 Allegato Mod. C, parte di competenza del cacciatore).

          In ogni caso il commerciante al dettaglio, in ambito locale, ha l’obbligo di documentare la provenienza dei prodotti e delle carni cedutegli dal produttore primario secondo le disposizioni di cui al Regolamento CE 28 gennaio 2002 n. 172 , relative alla rintracciabilità ( D.G.R. 12 dicembre 2011 n. 13-3093 Allegato Mod. C, parte di competenza del commerciante).

          Fornitura oltre i piccoli quantitativi di selvaggina selvatica

          Le carni di selvaggina selvatica eccedenti la definizione di "piccoli quantitativi" possono essere commercializzate per il consumo umano solo previamente inviate a un centro di lavorazione della selvaggina riconosciuto. Restano inoltre validi gli obblighi relativi alla rintracciabilità.

          N.B.: la commercializzazione delle carni degli animali selvatici abbattuti in attività di controllo, attuata dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, non è esclusa dall’applicazione del Regolamento CE 29 aprile 2004 n. 853 .

          Ultima modifica: 4 Giugno 2021 alle 11:39
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